HAI PRESO UNA DECISIONE, MA SEI PROPRIO SICURO CHE SIA STATA LA TUA TESTA A DECIDERE?
Ogni giorno prendiamo decisioni e pensiamo di farlo con il solo uso della ragione, pertanto crediamo di usare tattiche e strategie esclusivamente cognitive.
Ma è proprio vero? In realtà ci fa muovere “la pancia”, ovvero la spinta motivazionale è data dalle emozioni, senza le quali non saremmo portati ad agire.
E sono le stesse emozioni che guidano le nostre azioni e ci danno dei feedback in base alle nostre scelte, mentre erroneamente crediamo di fare delle valutazioni razionali.
SEI IN GRADO DI RICONOSCERE LE TUE EMOZIONI?
Ma se le emozioni sono così importanti, qual è l’alfabetizzazione emotiva che ognuno di noi possiede? Quante emozioni sappiamo riconoscere e gestire nel processo decisionale?
Sicuramente le emozioni ci orientano in termini di risposte di avvicinamento / evitamento rispetto agli stimoli, attivando delle risposte impulsive; oppure possono aiutarci a pensare e a valutare un problema prima di prendere decisioni su quanto fare.
La nostra intelligenza emotiva ci permette di utilizzare le emozioni per guidare il nostro pensiero e la nostra motivazione e per comprendere il mondo interiore degli altri.
Ma se le emozioni risultano disturbanti e non tollerabili, allora possono indurci a comportamenti che hanno il solo scopo di alleviare la nostra tensione emotiva e di scaricarla, piuttosto che attivare una riflessione al riguardo.
LE EMOZIONI COME SCORCIATORIA PER PRENDERE DECISIONI
Sulla base dell’esperienza, le emozioni possono essere delle scorciatoie che usiamo per prendere delle decisioni: “l’euristica affettiva” è appunto una scorciatoia affettiva che ci guida nel prendere determinate decisioni.
Ovviamente le emozioni che associamo a delle decisioni risentono anche della nostra storia, della nostra pregressa esperienza in situazioni simili e del contesto sociale; infatti, i giudizi sociali ci inducono spesso a provare sensi di colpa e paura e ad agire con comportamenti morali e altruistici.
L’emozione è perciò sempre presente e può aiutarci o meno a capire ciò che per noi è importante.
Spesso tendiamo ad attribuire loro un valore, classificandole come giuste o sbagliate, ma esse non hanno un valore, quello che dobbiamo imparare è riconoscerle per utilizzarle al meglio e imparare a gestirle.
RIMPIANTO E RIMORSO QUAL E’ LA DIFFERENZA?
Proviamo ora a riconoscere la differenza tra il rimpianto e il rimorso, perché possono sembrare sinonimi, ma in realtà hanno accezioni diverse.
Il rimpianto ha a che fare con il rammarico per un’occasione perduta, qualcosa che poteva essere detto o fatto; per esempio, si può provare il rimpianto di non aver continuato a studiare.
Il rimorso, invece, attiene al pentimento rispetto ad un errore commesso, perciò rispetto a qualcosa che è stato fatto e ci ha procurato un danno; posso provare il rimorso per aver litigato con una persona a cui tengo molto.
Se il rimorso è permeato dal sentimento di colpa, il rimpianto sembra più caratterizzato dal vissuto di perdita. Il primo è causato da ciò che è stato fatto, il secondo invece dal non aver agito.
Ecco allora che il rimpianto è permeato dal dubbio e dall’incertezza con considerazioni quali “ e se avessi agito in questo altro modo?”
Ogni scelta comporta una certa quota di rischio pur di raggiungere gli obiettivi prefissati, vivere nel rimpianto di occasioni perdute, significa rimuginare continuamente su quella situazione disperdendo tante energie mentali che alimentano sempre più dubbi e indecisioni.
E’ MEGLIO VIVERE DI RIMPIANTI O DI RIMORSI?
Ognuno sceglie secondo il proprio modo di essere a seconda che si è più propensi al rischio o meno.
Dott.ssa Ornella Mazzoni – Psicologo Psicoterapeuta
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